[...segue da 003] In quel clima di grande tensione sociale si formò la coscienza di Vito che proprio nel 1986 diede alla luce la sua prima opera: il “breviario del rinascimento speranzoso”. A distanza ormai di lustri dalla pubblicazione di questa opera che molti critici non senza un sottile sarcasmo hanno definito postuma, si denota già la vena che caratterizzerà i lavori successivi. Sul breviario Vito si è espresso con queste poche ma illuminanti parole sull’intervista pubblicata su “Suoni molesti” dell’aprile 2002: “Ho scritto un breviario perché mi piaceva la parola breviario, cià un suono di parola bella, di cultura… Potevo scrivere “penisola” era lo stesso chemminchia m’interessa? Ohu.. che fai co sto reggistratore? Vieni qua….. Ohu!.....Stupido cammello… Pensa chi sei….T’amm”.
La poca ortodossia di questo lavoro fece scalpore ed eco in tutta Italia e ben presto venne ignorato.
La comunità degli yuppies prima lo accolse come un profeta e subito dopo finì per essere vessato anche da loro, molto rudemente.
Ormai tredicenne, il giovane Ranganello vide i suoi orizzonti schiudersi come un latrato d’agonia (per citare una sua celebre metafora) quando venne ospitato dallo zio Roscolandio, da anni emigrato a Torino. L’occasione fu la discussione di un saggio da lui pubblicato dal titolo “La biodiversità che c’è in ognuno di noi” che il nostro tenne all’università del capoluogo piemontese. I toni avanguardistici dell’opera vennero mal assimilati da docenti e studenti dell’epoca, tanto male che la conferenza dovette interrompersi per un eccesso di calci, pugni e sputi molto forti. Nonostante ciò, il Ranganello vide Torino come la possibile base operativa per le sue ardite sperimentazioni. In effetti allora la città era nel pieno di un fermento culturale senza precedenti: La Gran Madre era regolarmente presa d’assalto da pellegrinaggi di gruppi di satanisti provenienti da tutta Italia, i laghi salati prosperavano ovunque, la mitezza dei residenti era proverbiale e davanti al palazzo a vela c’erano le giostre. Inoltre il fortunato scambio di idee e informazioni con lo zio Roscolandio fu una vera manna. L’intesa a tutto campo del duo va forse ricercata nel fatto che erano coetanei, ma fu anche forse dovuta all’enorme differenza d’età. [...continua...]
La poca ortodossia di questo lavoro fece scalpore ed eco in tutta Italia e ben presto venne ignorato.
La comunità degli yuppies prima lo accolse come un profeta e subito dopo finì per essere vessato anche da loro, molto rudemente.
Ormai tredicenne, il giovane Ranganello vide i suoi orizzonti schiudersi come un latrato d’agonia (per citare una sua celebre metafora) quando venne ospitato dallo zio Roscolandio, da anni emigrato a Torino. L’occasione fu la discussione di un saggio da lui pubblicato dal titolo “La biodiversità che c’è in ognuno di noi” che il nostro tenne all’università del capoluogo piemontese. I toni avanguardistici dell’opera vennero mal assimilati da docenti e studenti dell’epoca, tanto male che la conferenza dovette interrompersi per un eccesso di calci, pugni e sputi molto forti. Nonostante ciò, il Ranganello vide Torino come la possibile base operativa per le sue ardite sperimentazioni. In effetti allora la città era nel pieno di un fermento culturale senza precedenti: La Gran Madre era regolarmente presa d’assalto da pellegrinaggi di gruppi di satanisti provenienti da tutta Italia, i laghi salati prosperavano ovunque, la mitezza dei residenti era proverbiale e davanti al palazzo a vela c’erano le giostre. Inoltre il fortunato scambio di idee e informazioni con lo zio Roscolandio fu una vera manna. L’intesa a tutto campo del duo va forse ricercata nel fatto che erano coetanei, ma fu anche forse dovuta all’enorme differenza d’età. [...continua...]